Intervista a Franco Lepore, Disability Manager del Comune di Torino – Progetto We Care Incet

Oggi abbiamo avuto il piacere di affrontare alcune tematiche che ci stanno particolarmente a cuore insieme a Franco Lepore, Disability Manager del comune di Torino.

Franco si occupa dell’inserimento lavorativo di persone con disabilità per il comune da circa un anno, facendo da mediatore tra le esigenze dell’amministrazione e dei lavoratori.

Renzo Marcato, Recruiting e Diversity Manager ed Amministratore di Abile Job, l’ha incontrato in videocall per parlare di inclusione, nuove metodologie di lavoro e strumenti che ci consentono di abbattere le barriere.

L’ufficio del disability manager è stato aperto un anno fa a Torino. Quali sono le richieste più frequenti che ti arrivano dai dipendenti comunali e dalle imprese che si rivolgono a te?

Gli ambiti di intervento di un disability manager sono parecchi, e vanno dall’accessibilità dei luoghi pubblici ai trasporti, dall’inclusione scolastica all’inserimento lavorativo, fino al turismo accessibile. Dall’apertura dell’ufficio sono pervenute richieste in ambito lavorativo, non solo da dipendenti comunali, ma anche da persone con disabilità del Piemonte e imprese.

Queste ultime, in base alla legge 68/99, hanno l’obbligo di assunzione di personale con disabilità ma non vedono in questa norma una risorsa, non sono a conoscenza delle potenzialità di una persona con disabilità. Io cerco sempre di far cambiare loro prospettiva: non bisogna soffermarsi su quello che un disabile non può fare, ma su quello che un disabile è invece capace di fare. Se si conoscono le competenze delle persone, è possibile sfruttare appieno il loro lavoro, a prescindere dalla disabilità, e questo significa avere un dipendente produttivo e integrato.

Purtroppo ci sono delle situazioni lavorative in cui il disabile viene inserito in ufficio ma non ci sono le condizioni adeguate affinché lavori in autonomia. Quando mi confronto con le aziende faccio sempre presente che esistono sgravi per incentivare le assunzioni di personale con disabilità, ma soprattutto strumenti per favorire una corretta inclusione nel contesto lavorativo.

La figura del disability manager aziendale in questo senso è molto importante per l’integrazione, perché suggerisce al datore di lavoro le agevolazioni e gli strumenti per il superamento delle barriere, architettoniche e non. Aiuta l’azienda a comprendere che il dipendente disabile, se messo nelle giuste condizioni, può produrre valore.

Quali sono invece le richieste che ricevi dai dipendenti disabili?

In questo periodo le principali richieste dei dipendenti sono legate ai permessi della legge 104 e all’accessibilità delle piattaforme di smart working. Da un lato, lo smart working per i disabili può essere un problema, per via di alcune piattaforme che risultano inaccessibili a certi tipi di disabilità. Mi sono occupato di suggerire all’amministrazione delle soluzioni per migliorare la gestione dei documenti informatici. Ad esempio i pdf vanno resi accessibili sin dalla loro creazione e non inseriti come immagini, per renderli fruibili. Non dobbiamo dimenticare che abbattere le barriere per le persone con disabilità è il primo principio previsto dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.

Grazie a una convenzione con l’agenzia Piemonte Lavoro, il comune di Torino dovrebbe assumere circa 70 persone con disabilità. Cosa è opportuno fare per mettere le persone disabili nelle condizioni di lavorare in modo efficiente?

Grazie a una convenzione con l’Agenzia Piemonte Lavoro, il comune di Torino inserirà circa 70 profili. Tra questi ci sono persone con disabilità in categoria D, relativa a ruoli direttivi e dirigenziali: questo fa cadere il classico stereotipo secondo cui le persone disabili possono fare solo lavori base. In realtà ci sono disabili con un alto grado di istruzione, che hanno le capacità per svolgere ruoli di alto livello. Ma affinché ciò avvenga, è necessario metterli nelle condizioni di lavorare alla pari degli altri, in un contesto favorevole e in assenza di barriere architettoniche e sensopercettive. Il disabile va sempre inserito in un organico in cui ha la possibilità di collaborare con l’intero team. Inoltre dobbiamo ricordarci che per una persona con disabilità il lavoro non è solo una fonte di reddito, ma anche uno strumento per accrescere la propria autostima e consapevolezza.

Questo mi fa anticipare la domanda sulla formazione come elemento essenziale per l’inclusione lavorativa. Hai suggerito di fare corsi di formazione per gli stessi dipendenti comunali. Come è andata la proposta?

Purtroppo a causa della pandemia il percorso è stato rallentato, ma sta andando avanti. Proprio la scorsa settimana ho incontrato il responsabile della formazione comunale e abbiamo stabilito che organizzeremo due tipi di formazione. La prima sarà rivolta ai dipendenti comunali che interagiscono con il pubblico e quindi anche con i cittadini che hanno delle disabilità. È importante che apprendano come comunicare correttamente con i disabili, perché ogni tipologia di disabilità ha delle particolari esigenze di interazione. Ad esempio, con le persone non vedenti bisogna incentivare la comunicazione attraverso il canale verbale; inoltre è biona norma rivolgersi direttamente alla persona con disabilità e non all’accompagnatore. È importante che gli uffici comunali riescano a trasmettere al cittadino disabile una sensazione di accoglienza e funzionalità. Il secondo tipo di formazione sarà invece erogata ai dipendenti comunali con ruoli dirigenziali e non, in modo da far comprendere loro le potenzialità delle persone con disabilità. Solo attraverso la formazione dei dirigenti e dei colleghi sarà possibile per il lavoratore disabile lavorare in condizioni ottimali ed essere così maggiormente produttivo. Questo perché ci siamo resi conto che la non conoscenza di come interagire con la disabilità spaventa, si crea un blocco di comunicazione e a pagarne le conseguenze è il lavoratore disabile.

Tutto questo viaggia di pari passo con l’operato del Comitato Unico di Garanzia, che ha il compito di garantire pari opportunità, valorizzare il benessere di chi lavora e scoraggiare le discriminazioni. Avevi citato la possibilità di erogare un questionario per fare un audit. L’iniziativa è andata avanti?

Non ancora, ma ne stiamo parlando con il comitato. Ci teniamo a erogare un questionario in modo da comprendere, anche in modo anonimo, tutte le criticità che possono esserci per esaminarle e calibrare al meglio i vari interventi all’interno dell’amministrazione comunale. Parlando invece delle aziende, per molte di loro è difficile far passare il messaggio che se il lavoratore disabile è ben inserito e reso produttivo, ci sarà un vantaggio economico. Perché limitarsi a soddisfare l’obbligo di legge e assumere persone con disabilità quando invece le si può integrare e renderle produttive? Questo però è un concetto difficile da far capire.

Assolutamente, è difficile, ma per fortuna qualche spiraglio si sta aprendo. Il questionario poi sarà molto utile per strutturare i moduli formativi e capire come agire.

Sin dalla mia nomina, mi sono accorto che alcuni dipendenti sono venuti a parlare di problematiche che giacevano da diversi anni, ma non riuscivano ad esporre a nessuno, per paura di essere considerati in modo negativo o perché i dirigenti non hanno ritenuto di comprendere le loro ragioni. Io ho cercato di attivarmi in modo da contribuire al miglioramento dell’attività lavorativa, sia per valorizzare il dipendente con disabilità che per ottimizzare il funzionamento dell’ufficio che lo accoglie.

L’ufficio del disability manager è stato aperto un anno fa a Torino. Quali sono le richieste più frequenti che ti arrivano dai dipendenti comunali e dalle imprese che si rivolgono a te?

Gli ambiti di intervento di un disability manager sono parecchi, e vanno dall’accessibilità dei luoghi pubblici ai trasporti, dall’inclusione scolastica all’inserimento lavorativo, fino al turismo accessibile. Dall’apertura dell’ufficio sono pervenute richieste in ambito lavorativo, non solo da dipendenti comunali, ma anche da persone con disabilità del Piemonte e imprese. Queste ultime, in base alla legge 68/99, hanno l’obbligo di assunzione di personale con disabilità ma non vedono in questa norma una risorsa, non sono a conoscenza delle potenzialità di una persona con disabilità. Io cerco sempre di far cambiare loro prospettiva: non bisogna soffermarsi su quello che un disabile non può fare, ma su quello che un disabile è invece capace di fare. Se si conoscono le competenze delle persone, è possibile sfruttare appieno il loro lavoro, a prescindere dalla disabilità, e questo significa avere un dipendente produttivo e integrato. Purtroppo ci sono delle situazioni lavorative in cui il disabile viene inserito in ufficio ma non ci sono le condizioni adeguate affinché lavori in autonomia. Quando mi confronto con le aziende faccio sempre presente che esistono sgravi per incentivare le assunzioni di personale con disabilità, ma soprattutto strumenti per favorire una corretta inclusione nel contesto lavorativo. La figura del disability manager aziendale in questo senso è molto importante per l’integrazione, perché suggerisce al datore di lavoro le agevolazioni e gli strumenti per il superamento delle barriere, architettoniche e non. Aiuta l’azienda a comprendere che il dipendente disabile, se messo nelle giuste condizioni, può produrre valore.

Quali sono invece le richieste che ricevi dai dipendenti disabili?

In questo periodo le principali richieste dei dipendenti sono legate ai permessi della legge 104 e all’accessibilità delle piattaforme di smart working. Da un lato, lo smart working per i disabili può essere un problema, per via di alcune piattaforme che risultano inaccessibili a certi tipi di disabilità. Mi sono occupato di suggerire all’amministrazione delle soluzioni per migliorare la gestione dei documenti informatici. Ad esempio i pdf vanno resi accessibili sin dalla loro creazione e non inseriti come immagini, per renderli fruibili. Non dobbiamo dimenticare che abbattere le barriere per le persone con disabilità è il primo principio previsto dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.

Grazie a una convenzione con l’agenzia Piemonte Lavoro, il comune di Torino dovrebbe assumere circa 70 persone con disabilità. Cosa è opportuno fare per mettere le persone disabili nelle condizioni di lavorare in modo efficiente?

Grazie a una convenzione con l’Agenzia Piemonte Lavoro, il comune di Torino inserirà circa 70 profili. Tra questi ci sono persone con disabilità in categoria D, relativa a ruoli direttivi e dirigenziali: questo fa cadere il classico stereotipo secondo cui le persone disabili possono fare solo lavori base. In realtà ci sono disabili con un alto grado di istruzione, che hanno le capacità per svolgere ruoli di alto livello. Ma affinché ciò avvenga, è necessario metterli nelle condizioni di lavorare alla pari degli altri, in un contesto favorevole e in assenza di barriere architettoniche e sensopercettive. Il disabile va sempre inserito in un organico in cui ha la possibilità di collaborare con l’intero team. Inoltre dobbiamo ricordarci che per una persona con disabilità il lavoro non è solo una fonte di reddito, ma anche uno strumento per accrescere la propria autostima e consapevolezza.

Questo mi fa anticipare la domanda sulla formazione come elemento essenziale per l’inclusione lavorativa. Hai suggerito di fare corsi di formazione per gli stessi dipendenti comunali. Come è andata la proposta?

Purtroppo a causa della pandemia il percorso è stato rallentato, ma sta andando avanti. Proprio la scorsa settimana ho incontrato il responsabile della formazione comunale e abbiamo stabilito che organizzeremo due tipi di formazione. La prima sarà rivolta ai dipendenti comunali che interagiscono con il pubblico e quindi anche con i cittadini che hanno delle disabilità. È importante che apprendano come comunicare correttamente con i disabili, perché ogni tipologia di disabilità ha delle particolari esigenze di interazione. Ad esempio, con le persone non vedenti bisogna incentivare la comunicazione attraverso il canale verbale; inoltre è biona norma rivolgersi direttamente alla persona con disabilità e non all’accompagnatore. È importante che gli uffici comunali riescano a trasmettere al cittadino disabile una sensazione di accoglienza e funzionalità. Il secondo tipo di formazione sarà invece erogata ai dipendenti comunali con ruoli dirigenziali e non, in modo da far comprendere loro le potenzialità delle persone con disabilità. Solo attraverso la formazione dei dirigenti e dei colleghi sarà possibile per il lavoratore disabile lavorare in condizioni ottimali ed essere così maggiormente produttivo. Questo perché ci siamo resi conto che la non conoscenza di come interagire con la disabilità spaventa, si crea un blocco di comunicazione e a pagarne le conseguenze è il lavoratore disabile.

Tutto questo viaggia di pari passo con l’operato del Comitato Unico di Garanzia, che ha il compito di garantire pari opportunità, valorizzare il benessere di chi lavora e scoraggiare le discriminazioni. Avevi citato la possibilità di erogare un questionario per fare un audit. L’iniziativa è andata avanti?

Non ancora, ma ne stiamo parlando con il comitato. Ci teniamo a erogare un questionario in modo da comprendere, anche in modo anonimo, tutte le criticità che possono esserci per esaminarle e calibrare al meglio i vari interventi all’interno dell’amministrazione comunale. Parlando invece delle aziende, per molte di loro è difficile far passare il messaggio che se il lavoratore disabile è ben inserito e reso produttivo, ci sarà un vantaggio economico. Perché limitarsi a soddisfare l’obbligo di legge e assumere persone con disabilità quando invece le si può integrare e renderle produttive? Questo però è un concetto difficile da far capire.

Assolutamente, è difficile, ma per fortuna qualche spiraglio si sta aprendo. Il questionario poi sarà molto utile per strutturare i moduli formativi e capire come agire.

Sin dalla mia nomina, mi sono accorto che alcuni dipendenti sono venuti a parlare di problematiche che giacevano da diversi anni, ma non riuscivano ad esporre a nessuno, per paura di essere considerati in modo negativo o perché i dirigenti non hanno ritenuto di comprendere le loro ragioni. Io ho cercato di attivarmi in modo da contribuire al miglioramento dell’attività lavorativa, sia per valorizzare il dipendente con disabilità che per ottimizzare il funzionamento dell’ufficio che lo accoglie.

Il disability manager infatti ricopre proprio un ruolo di mediatore e facilitatore. Di cosa ha bisogno per poter agire con efficienza?

In generale, sono fondamentali le sue esperienze e conoscenze, che può mettere a disposizione per aiutare datore di lavoro e dipendente. Il grosso problema c’è quando non si dà al disability manager un ruolo incisivo, ma solo consultivo. In questo caso, si rischia di limitare il suo raggio di azione.

Quali sono i tuoi prossimi obiettivi, i più importanti?

Ci sarebbero tante cose. Diciamo che è importante continuare a lavorare per coinvolgere sempre di più le persone con disabilità. Il comune di Torino si sta muovendo in questa direzione, ma in altri contesti non è cosi. Però, a poco a poco, stiamo facendo piccoli passi avanti: attualmente in Italia ci sono una decina di città che si sono dotate di un Disability Manager; anche alcune aziende si sono dotate di questa figura e i riscontri sono buoni. Restano un po’ fuori dal discorso le PMI, ma anche per loro si potrebbe pensare a un consulente esterno per la gestione della disabilità, di modo da non dovere avere costi fissi. Per concludere, riprendo le parole della Convenzione dell’Onu: “le persone con disabilità devono essere coinvolte attivamente in tutti i tavoli dove si prendono decisioni per loro”. Bisogna che le parti si siedano insieme a chi decide, e noi ci impegniamo ogni giorno affinché ciò diventi la norma, ovunque.

 

Fonte: wecareincet.it

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