Non si tratta “solo” di un semplice corso di formazione. È molto di più.
Nove persone, nove anime, che si incrociano e condividono percorsi, fatiche e sogni, dandosi un sostegno che genera motivazione e nuovi stimoli.
In questa storia c’è proprio di tutto, e non è per nulla facile trasmettere le emozioni vissute.
Proviamo a partire dall’inizio. Partiamo da una considerazione: non c’è nulla di semplice nel costruire dei percorsi di inclusione, e in particolare di inclusione al lavoro, di persone con disabilità.
È sfidante (sempre), ed è necessario avere coraggio, armarsi di pazienza e non demorderedi fronte alle inevitabili barriere culturali e relazionali che si insinuano nel cammino.
L’idea c’è: mettere in piedi un corso di formazione in ambito digitale componendo una classe di persone con disabilità e, magari, sullo sviluppo software, perché no?
L’ente formativo c’è: Scuole Tecniche San Carlo di Torino è disponibile.
E allora perché non provare a lanciare una proposta un po’ matta?
Proviamo a sfatare una serie di “leggende metropolitane” in merito alla disabilità visiva, lavoriamo insieme a UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti) e ad Accessiway, start-up innovativa che lavora sull’accessibilità dei siti web (e non solo), uniamo energie, competenze e visione per dimostrare che si può fare. Sì, le persone ipovedenti e non vedenti possono lavorare utilizzando un computer: eccome!
Ma riusciranno i nostri “eroi” a coinvolgere il mondo delle imprese in questa vera e propria “impresa”?
Come la prenderanno una proposta del genere? Provate a immaginarvi un’azienda che si sente dire qualcosa del genere: “Buongiorno. Stiamo organizzando un corso di formazione per Aiutanti Sviluppo Software che sarà avviato a breve, con 150 ore in aula e 150 ore in stage presso un’azienda che possa permettere agli allievi e alle allieve di applicare quanto appreso. Le può interessare? Il corso è finanziato e l’azienda non ha sostanziali costi a cui fare fronte.”
Azienda: “Molto interessante! Certo, siamo disponibili ad accogliere una persona in stage”.
Di rimando: “Le devo specificare che il corso è rivolto a persone con disabilità visiva, ipovedenti o non vedenti ed abbiamo previsto una formazione specifica per le aziende, per condividere anche delle buone prassi di inclusione”.
Azienda: “Ah…le faccio sapere”.
Però, le aziende visionarie, coraggiose, che si fidano, ci sono, per fortuna!
E così, mentre “saltano a bordo” una dietro l’altra alcune realtà aziendali che ci credono, in contemporanea si forma la classe. Una classe eterogenea, per età, per i vissuti sulla propria pelle, per le fatiche quotidiane, per la capacità di risalire la corrente impetuosa di patologie che possono annientarti.
E, infine, ci siamo: Ruben, Elena, Tina, Marco, Andrea, Denis, Michele, Silvia “grande” e Silvia “piccola” (così decidono loro di distinguersi, con ironia e simpatia).
I docenti della scuola sono preoccupati: “Come faremo a trasmettere le nozioni se non potremo utilizzare le nostre slide?”.
E allora entra in gioco la “rete”. La sinergia con chi conosce, chi ne sa, diventa un punto chiave per trasmettere ai docenti “vedenti” come svolgere le loro lezioni.
Grazie soprattutto ad Alessandro, il docente “aggiunto” di informatica, non vedente, che nella vita fa il programmatore: mica pizza e fichi!
Insomma, il corso parte, le aziende disponibili per l’esperienza di stage ci sono, il sostegno per la mobilità nei tragitti da casa a scuola e verso le sedi degli stage c’è (anche se con qualche piccola difficoltà di coordinamento) e si arriva al termine del percorso. Termine? Ma anche no! Ci si dà da fare, tutti insieme, per consentire a queste nove splendide persone di continuare e, se possibile, di avere una concreta opportunità di inserimento lavorativo.
Nell’ultimo incontro di classe, allievi e allieve hanno detto la loro su questa esperienza.
Ecco alcuni loro commenti:
“Sono contenta di avere lasciato il segno nell’azienda che mi ha permesso di svolgere lo stage: hanno capito che si può fare”
”I miei compagni di corso mi hanno fatto capire che posso affrontare la vita con fiducia, nonostante una disabilità visiva”
”All’inizio ero sfiduciata, senza alcuna base digitale. Sono contenta di avere tenuto duro e mi ritrovo con delle competenze che prima non avevo”
”In azienda mi hanno trattato alla pari con gli altri colleghi, hanno evidenziato i miei gap comportamentali senza infierire, sono stati gentili, e mi sono sentito valorizzato e coinvolto a livello tecnico”
”Il gruppo mi ha permesso di comprendere che è necessario accettare la propria condizione di salute”
”Ho una patologia degenerativa e il corso mi ha dato strumenti importanti per il futuro, come ad esempio l’utilizzo della tastiera del pc al posto del mouse”
Sapete, tra tutti i pensieri che mi vengono in mente in questo momento, quello che sovrasta tutto il resto è un profondo senso di gratitudine, per avere vissuto una specie di magia, che è ancora viva e che mi accompagnerà per sempre, grazie alle persone che hanno fatto con me, e io con loro, un pezzo di strada, un bellissimo pezzo di strada insieme.
Elena, che durante lo stage si è occupata anche di accoglienza, ha detto, senza presunzione e con la consapevolezza di chi sa quello che dice: “Noi conosciamo “dentro” le persone. Non abbiamo bisogno di vedere il colore degli occhi”.
Io mi sento cambiato e ho ancora molta voglia di cambiare. Diamoci delle possibilità.
Fonte: Abile Job, Settembre 2023.
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